Santa Cristina

La chiesa è lì da secoli, sorta lungo l’antico percorso che collegava la sede plebana di Tresivio ai borghi di Ponte, Chiuro e Castionetto. Se ne parla già in un documento del 1355 nel quale si fa riferimento al "monaco" della chiesa di Santa Cristina di Ponte, investito di un sedime di casa lastricata, con stalla, masone e cucina. 
Probabilmente la chiesa era officiata abitualmente, fin tanto che quella di San Maurizio non venne ampliata, verso la metà del 1400.  Nel 1457 parte del beneficio (cioè il complesso di beni la cui rendita consentiva il mantenimento di un celebrante) fu accorpato ai beni parrocchiali, con la motivazione che, ormai, nessun sacerdote celebrava più, se non occasionalmente, in Santa Cristina, mentre nella chiesa di San Maurizio affluiva quotidianamente una moltitudine di fedeli. 
Non per questo la struttura venne abbandonata: "… sulla strada di Tresivio vi è una chiesa dedicata a Santa Cristina, parimenti dotata di beneficio". Così annotava, infatti, l’estensore della descrizione della Valtellina redatta in occasione della visita pastorale di Monsignor Feliciano Ninguarda nel 1593.
Sul finire del ‘500, per interessamento del curato Defendente Quadrio, venne realizzato "l’antiportico". Un lascito di 13 lire imperiali a favore dell’edificio veniva disposto nel 1597 da Ulisse Quadrio.
Il vescovo Filippo Archinti, in visita pastorale nel 1614-15 raggiungeva la chiesa, pur discosta dal centro del paese, e suggeriva che si adottasse un altare portatile da usare in caso di celebrazioni, che si rifacesse il pavimento, che il soffitto a capriate venisse coperto da una volta e si imbiancassero i muri. Dava inoltre disposizione perché le finestre sulla facciata, aperte sino a terra, venissero murate.  
Monsignor Olgiati, in visita nel 1730, trovava la volta de recenti aedificata et dealbata, cioè appena fatta e imbiancata; il pavimento, sia esternamente che internamente alla cappella, risultava però ancora "rude". 
La cura della chiesa è testimoniata anche dalla presenza, nel 1766, di una tela raffigurante la Santa titolare racchiusa entro cornice lignea; della tela purtroppo non si ha più alcuna notizia.  I paramenti venivano forniti, all’occorrenza, dalla chiesa parrocchiale.
Sono, quelle sopra accennate, date importanti che ci permettono di ricostruire le vicende architettoniche -edilizie e, contemporaneamente, evidenziano la preoccupazione che l’edificio fosse sempre degnamente conservato e che vi si potesse celebrare la Santa Messa. 
Sfogliando il registro delle spese sostenute dalla parrocchia, troviamo annotati interventi consistenti riguardanti il tetto e il coro, realizzati tra il 1685 e il 1694. Nel 1715 venne affrescata l’abside dal pittore Pietro Bianchi: esili tracce sono ancora visibili. Un ulteriore intervento consistente venne effettuato nel 1897; a dimostrazione della cura con la quale ancora si conservava la chiesa e del culto tributato alla Santa, nel 1900 venne fatta realizzare unna pala d’altare a Giovanni Gavazzeni di Talamona. Il bel quadro è oggi conservato nel museo parrocchiale.
Dalla fine degli anni ‘60 del secolo scorso (esiste una fotografia dell’altare ancora integro risalente al 1968), la chiesa ha subito un progressivo abbandono cui si è accompagnata una inesorabile – e inaccettabile – decadenza.