Sant'Ignazio

Tra i più interessanti edifici religiosi di architettura seicentesca, in Valtellina, va annoverata, a Ponte, la chiesa dedicata a Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù. Questa, sia pur tra mille difficoltà, riuscì intorno al 1560 ad aprire un collegio in Ponte (più tardi ne aprirà un secondo a Bormio) ove educare i giovani del luogo, secondo il desiderio del cavalier Antonio Quadrio, medico alla corte dell’imperatore d’Austria, che lasciò una cospicua eredità al neonato ordine religioso perché potesse esercitare la sua attività educativa in Valtellina. In realtà si voleva in qualche modo arginare la possibile e temuta diffusione del movimento protestante, favorito dalla presenza in Valle dei Grigioni.
La chiesa fu fortemente voluta dalla comunità pontasca come voto contro la peste. Inserita nel più vasto complesso appartenente all’ordine religioso dal 1560 al 1773, costituito da collegio, rustici, cortili e piazza, fu edificata a tempo di record tra il 1639, anno in cui fu posta la prima pietra, e il 1642, quando venne posta la copertura del presbiterio rendendo possibile la celebrazione di una prima messa solenne in onore del santo; fu ultimata poi nel 1657. I lavori di costruzione furono agevolati, oltre che dalla larga disponibilità di manovalanza, dalla facilità di reperimento dei materiali: il legname fornito dai boschi vicini, le pietre in parte ricavate dallo smantellamento di antichi edifici (tra cui una vicina torre) e soprattutto le generose elargizioni degli abitanti.
Dal suo sorgere e per circa 150 anni, fu affidata alle cure dei padri che vivevano nell’attiguo collegio. 
E’ stata edificata nel rispetto dei canoni architettonici voluti dall’ordine e che si ritrovano puntualmente anche negli altri edifici dei Gesuiti: linee sobrie ed essenziali riconoscibili nella facciata, navata unica e capiente per accogliere l’assemblea dei fedeli, acustica perfetta per favorire l’ascolto della parola e l’esecuzione dei canti di lode, presenza di tribune sopraelevate per ospitare, separatamente dall’assemblea, i padri e i collegiali, passaggi laterali ricavati nelle spesse mura perimetrali per favorire la deambulazione senza incomodo per gli astanti.
La semplice facciata con finestra a serliana dà sulla piazza, universalmente chiamata, in paese, "piazza di fra’ ", ombreggiata da platani centenari. Vi si apre un portale in pietra verde, con timpano spezzato. A sud est si nota la breve torre campanaria a pianta quadrata, chiusa da una lanterna a base ottagonale. Sulla facciata nord, mai intonacata, sono ben visibili i grossi conci bugnati utilizzati nella costruzione dell’edificio e, pare, recuperati dall’antica torre che sorgeva all’interno della proprietà dei Quadrio.
La navata, orientata da est verso ovest, è affiancata da due cappelle dedicate alla Madonna Addolorata, quella di destra, e a San Francesco Saverio, quella di sinistra.
Sulla volta della navata campeggia il vasto e luminoso affresco settecentesco di cesare Ligari, raffigurante Sant’Ignazio che diffonde la fede nei quattro continenti (siamo nel 1749 e l’Oceania ancora non è stata scoperta).
Un altro affresco, possibile opera del Muttoni (o secondo alcuni del Paravicini) ricopre la volta del presbiterio e celebra la gloria del Santo titolare della chiesa.
Altri due episodi della vita di Sant’Ignazio sono dipinti in due grandi tele esposte sulle pareti del presbiterio e sono opera di Gianolo Paravicini.
In marmi policromi sono realizzati l’altar maggiore e le balaustre. Un ritratto del Santo, sormontato dal motto "ad maiorem Dei gloriam" si trova sopra l’altare.
Le pareti sono interamente coperte da quadrature in tenui colori che ben armonizzano con il color noce dei quattro confessionali lignei, il pulpito e le tribune. Un vivace dipinto a motivi rococò decora la cantoria posta sulla controfacciata.
Un piccolo organo settecentesco portativo completa l’arredo dell’edificio.

Stupisce che un così importante monumento non sia mai stato adeguatamente studiato e che, quindi, la bibliografia ad esso relativa sia piuttosto scarna.
D’altra parte, anche le indagini in archivio non sono state mai particolarmente fruttuose, soprattutto in merito alle vicende costruttive e alle caratteristiche architettoniche dell’edificio. 
Numerosi sono gli atti notarili da cui si evince l’incessante partecipazione della popolazione alle vicende dei gesuiti a Ponte, manifestata attraverso lasciti, donazioni e assegnazioni di capitali.
Dalle cronache interne dell’ordine ricaviamo che nel 1639 "si mise con solenne rito la prima pietra de’ fondamenti". Sempre le stesse cronache ci informano che nel 1642 "la chiesa che questa comunità va fabbricando è ridotta a sì buon termine che s’è coperto il choro".
Nel 1653 fu "ridotta quasi a totale stabilimento" e si poté "solennemente aprire ed officiare con applauso e gradimento di tutti".
Un inventario (sicuramente uno dei primi, se non il primo in assoluto) del 1657 dà qualche informazione aggiuntiva: "appresso (al collegio) v’ha una chiesa di una sola nave (navata), con due cappelle laterali oltre l’altar maggiore, fabricata parte d’alcune contribuzioni date dalli signori agenti della comunità di Ponte, così a titolo di voto come d’elemosina, parte di legati ed altre elemosine adventitie".
E’ cospicuo il materiale documentario conservato presso l’archivio comunale di Ponte, ma non è stato mai ordinato e adeguatamente studiato. Contiene dati inerenti l’ordinaria manutenzione del complesso ("fabrica altre volte collegio de Gesuiti con chiesa, scuole, rustici, cortili, tutto in un sol corpo assai vasto e comodo situato nella contrada de Longhi"), da quando i beni, confiscati all’ordine sul finire del ‘700, divennero proprietà dell’Azienda Istituto Scolastico.

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