Santuario di San Luigi

“Su una piana selvosa […] vi è un villaggio chiamato Sazzo, dove esiste una chiesa con cimitero, dedicata a San Michele, consacrata e dotata di beni, esiste il battistero [altrove definito vetuste et indecens) e si mantiene un proprio cappellano”: così leggiamo nella decriptino allegata alla Visita Pastorale del vescovo Ninguarda, sul finire del 1500. 
Una ventina d’anni dopo, troviamo nella relazione del vescovo Archinti “Chiesa di San Michele Arcangelo di Sazzo appartenente alla parrocchiale di San Maurizio di Ponte” [Sazzo, infatti, sarà eretto in parrocchia indipendente il 17 novembre 1886]. E prosegue descrivendo la vetusta chiesetta e i suoi arredi in condizioni piuttosto precarie. Ma – aggiunge – “Nell’angolo della cappella, vicino alla sacristia è raffigurato su una tavola dipinta il beato Luigi Gonzaga, gesuita”. Si trattava di un ritratto giunto da Como nel 1608 [lo stesso anno in cui si poneva la I pietra della nuova chiesa], che venne posto successivamente nell’altare intitolato al Santo all’interno del nuovo edificio, il cui artefice fu il ticinese Gaspare Aprile.
La più antica chiesa di Sazzo, dunque, era intitolata a San Michele ed era nata come cappella della famiglia Quadrio che, sul dosso poco distante, possedeva  il suo castello, del quale è ora possibile individuare solo labili indizi. Allorché il vescovo Archinti giunse a Sazzo, nel 1614, vicino a questa chiesa “si è cominciato a costruirne una nuova”. 
Iniziata nel 1608, nel 1655 il vescovo Carafino la trovava de toto perfecta, magnificae structurae, magnae amplitudinis, alta, clara, testudinata, pavimentata, incolata, dealbata, tecta cum ostio magno in fronte nondum facto, cum suis fenestris semilunaribus aptis, apto loco, vitro tectis. Altare maius sub ampla capella capellae maiori  […] sex laterales circumptae ex ligno septo clave […] Altare Beati Aloisii ad latus aquilonare prope gradus capellae maioris; habet pro icone parvam imaginem circularem Beati tela pictam […]. (Completamente portata a termine, di magnifica struttura, di grande ampiezza, alta, chiara, a volta, abitata, imbiancata, chiusa da un grande portale sulla facciata non ancora ultimato, con finestre semicircolari chiuse da vetri. L’altare maggiore è sotto la cappella maggiore; sei cappelle laterali  circondate da legno chiuso con chiave. L’altare del Beato Luigi si trova sul lato settentrionale vicino ai gradini della cappella maggiore; ha come icona una piccola immagine ovale del Beato  dipinta su tela).  Fu ultimata nel 1662 e venne infine consacrata nel 1664 dal cardinale Federico Borromeo con il titolo di chiesa di San Michele; solo una cappella era intitolata a san Luigi: quella con la tela e il reliquiario argenteo, clausus et sigillis munitus. Successivamente l’edificio fu unanimemente riconosciuto come chiesa di San Michele e Luigi e poi santuario di San Luigi. Molto rigorosa nelle linee esterne che condividono le disposizioni della riforma tridentina, la chiesa ha una navata unica sui lati della quale si aprono sei cappelle. Nella prima a sinistra è collocato il fonte battesimale; la pala dell’altare è stata attribuita a Cipriano Valorsa [in tal caso dovrebbe provenire dalla antecedente chiesetta di San Michele] e raffigura la Crocifissione; nella parte inferiore si trova la scena del Battesimo di Gesù con San Francesco e San  Maurizio; un’altra tela rsppresenta la Masdonna del Rosario,  accompagnata da san Domenico e santa Caterina, con i 15 tondi dei Misteri, opera certa del chiavennasco Giovanni Battista Macolino [1654]. Ragguardevole la terza cappella, sempre sul lato sinistro, ricca di stucchi, con l’ovale  raffigurante san Luigi Gonzaga, di cui si è detto.
È ricco tutto l’apparato decorativo, in perfetto stile Barocco, ma ciò che cattura ancor più è il tabernacolo ligneo posto sull’altare maggiore. L’opera intagliata, dipinta, dorata, fu realizzata tra il 1671 e il 1673 da Pietro Ramus: è tutta un susseguirsi di figure di santi, di angeli, che paiono cantare la gloria della Vergine e del Cristo risorto. Così nel 1706: cupola bene ornata. E ancora: ciborium nuceum figuratum et sculptum copertum cum cruce in summitate (Il ciborio è in noce, con figure, scolpito e con una croce sulla sommità). Sulla sinistra si trova la sagrestia. Ulteriore sontuosità al tempio è impressa dalla cassa dell’organo (orchestra à parte epistulae cum parvo organo) in cui si riconoscono le botteghe di abili intagliatori. Il campanile si eleva, alto, a sud est,  ricostruito tra il 1892 e il 1893 da Omobono Cenini e Innocente Corbellini.

All’esterno, sulla sinistra, si erge un piccolo oratorio ricostruito nel 1789; la volta fu rifatta nel 1835 e la pavimentazione nel 1950.
Poco lontano, dove scaturì l’acqua miracolosa, sorge l’edicola votiva che rappresenta il santo stretto tra una folla di devoti accorsi a chiedere grazie.